RECENSIONE

CROLLI VITALI

Recensione di "Crolli Vitali": Un Omaggio a Vitaliano Trevisan

"Crolli Vitali", la nuova pièce teatrale, si presenta come un tributo profondo e complesso al lavoro di Vitaliano Trevisan, scrittore e drammaturgo di grande rilevanza nel panorama teatrale italiano. L'opera, scritta e diretta dalla protagonista stessa, attraversa il mondo esistenziale di un’autrice in crisi, riflettendo sulla solitudine, sull'incomunicabilità e su quanto sia difficile non solo parlare, ma anche ascoltare.

La scena si svolge in un appartamento popolare, le cui pareti bianche e i mobili consumati raccontano una vita di stenti e malinconia. La scelta di uno spazio spoglia e quasi asettico contribuisce a creare un’ambientazione che amplifica il tema della solitudine, facendoci sentire il peso della presenza assente di un autore scomparso, rappresentato dai personaggi in scena.

La protagonista, interpretata con intensità da una bravissima attrice, si oppone alla solitudine, dichiarando in apertura il suo rifiuto di mettere in scena un monologo. Questa affermazione diventa il fulcro del discorso, dove l’assenza dell’Autore, la cui vita e opere sono sapientemente tessute nel dialogo, diventa una presenza ingombrante e necessaria. L’Autore, mai nominato ma sempre percepito, è il filo conduttore di una narrazione che esplora il confine tra vita reale e arte.

Il personaggio di Cecchin, il badante, rappresenta la figura del "servitore", ma anche quella di chi sta in silenzio, assistere senza intervenire. La sua figura, militarmente austera, diventa una sorta di custode delle parole e dei pensieri della protagonista, costretta a confrontarsi con il suo passato e i propri demoni. La sua solo apparente invisibilità, segna l’essenza di un dramma umano profondo, dove il contatto umano è ridotto a gesti quotidiani e assistenziali.

A completare il cast ci sono due personaggi, l’attore e l’attrice, che si muovono in un’alternanza tra il grottesco e il tragico. L’Attore veste i panni di Arlecchino, simbolo di un comico al servizio dei potenti, ma anche di chi cerca disperatamente il riconoscimento e il senso di appartenenza. La Coinquilina, invece, offre una voce femminile che rappresenta le fragilità e le ambizioni di chi vive nell’ombra di persone più potere; una ricerca di spazi e visibilità, che si scontra con la formula convenzionale dell’arte, suggerendo un disperato bisogno di autenticità.

Il testo, denso di riflessioni e di frasi incisive, si snoda come una spirale che progressivamente ci avvolge, facendoci assaporare i colori delle parole e delle esperienze vissute. Il coniugare il ricordo dell’Autore a momenti drammatici e comici, mentre la protagonista ripercorre la propria vita e la propria carriera, offre un mosaico di emozioni che culmina in un’esperienza catartica.

"Crolli Vitali" non è solo un omaggio a Trevisan, ma una profonda ricerca di significati. Ogni personaggio sembra incarnare una parte dell’immenso patrimonio di riflessioni lasciato dall’autore, spingendo il pubblico a interrogarsi sulla propria esistenza e sul proprio rapporto con l’arte. La struttura della pièce, pur dando voce a diversi punti di vista, mantiene una coerenza tematica che arricchisce l’analisi dei rapporti umani e della comunicazione.

In conclusione, "Crolli Vitali" è un'opera che riesce a emozionare e a far riflettere. L’interazione tra drammaticità e comicità, tra il presente e il ricordo, fa di questo spettacolo un'esperienza teatrale memorabile, che merita di essere vista e apprezzata. Attraverso la figura dell’Autore, il lavoro ci invita a riconoscere la bellezza e la complessità delle parole, lasciandoci con la sensazione che anche nel crollo, vi sia sempre spazio per una rinascita.

CROLLI VITALI - 2024

GIORGIO VIALI

VITALIANO TREVISAN

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RECENSIONE

Recensione di "CROLLI VITALI" Chi scrive è una giovane scrittrice e drammaturga, e mi trovo oggi a dover esprimere il mio profondo e sincero disappunto per "CROLLI VITALI", uno spettacolo che non riesce neppure lontanamente a rendere omaggio alla complessità e alla potenza poetica di Vitaliano Trevisan. Anzi, potrebbe definirsi un affronto alla sua memoria.

Innanzitutto, la trama, se così possiamo definirla, è tanto confusa quanto insipida. La protagonista, impersonata da un’attrice che sembra più un manichino privo di emozioni, si dibatte in un monologo interminabile di introspezione maldestra. A cosa serve, ci si deve chiedere, la sua volontà di esprimere la solitudine attraverso un balletto di battute vuote e ripetitive che non conducono a nulla? Un tentativo maldestro di esplorare il significato di essere “civile” e “sola” che finisce per risultare patetica copia dei temi ben più articolati e profondi di Trevisan.

I personaggi, appaiono privi di spessore, caricature stereotipate piuttosto che individui complessi. Cecchin, il badante, è un servitore in camice bianco che sembra uscito da una commedia dell'assurdo, senza però alcun guizzo di originalità o ironia. La sua presenza in scena ha il solo effetto di suscitare indifferenza, se non addirittura noia. E quanto all’Attore e all’Attrice, entrambi rappresentano l'idea che il Teatro possa essere un luogo di banalità e superficialità, incapaci di rievocare gli spettri di dolore e speranza che caratterizzano le opere di Trevisan.

Ritrovarsi di fronte a un divano bianco e spoglio come unica scenografia è deprimente, e non invita affatto alla riflessione; anzi, suggerisce una totale assenza di cura e attenzione nel rendere visivamente poetica l’esperienza teatrale. Il pubblico è accolto in un ambiente che si discosta così tanto dal calore, dalla densità emozionale e dalla ricchezza visiva che ci si aspetterebbe da una narrazione che aspira a nadare in acque così profonde. Invece, si presenta come un appartamento sterile, in cui si svolge un dialogo che manca di battiti vitali, rendendo la solitudine non solo concettuale, ma concreta.

Le lunghe sequenze di dialogo che si alternano a momenti di silenzio ingarbugliano ulteriormente una narrativa già debole. Si sente l’impossibilità di uscire da un labirinto di parole, tutte ridondanti, che non custodiscono alcuna rivelazione. L’assenza di conflitto, la mancanza di un momento di svolta, di un colpo di scena, fa sì che lo spettatore si perda in una spirale di desolazione e indifferenza.

La pièce non riesce a comunicare un messaggio chiaro, né a evocare l'ilarità o la profondità emotiva che dovrebbero caratterizzare un’opera teatrale incisiva. La tradizione di Trevisan, che gioca splendidamente con il linguaggio e i suoi paradossi, viene tradita gravemente. "Crolli Vitali" non è una riflessione sulla condizione umana; è piuttosto una lamentazione sgangherata che fa presagire un’inaudita difficoltà di affrontare il materialismo della vita nel nostro tempo.

Non c'è dubbi: "Crolli Vitali" è un fallimento su tutti i fronti e non rappresenta in alcun modo l'eredità dell'Autore scomparso. Speravo in un'opera che stimolasse una riflessione profonda, invece mi sono ritrovata nel bel mezzo di un eterno e fatuo dibattito che finisce per non esplorare nulla di significativo. È un'opera che - spero - possa servire come monito per il futuro del teatro contemporaneo, affinché la poesia e l’umanità non vengano mai più dimenticate nel tentativo di rifarsi ad una tradizione che, come Trevisan insegnava, dovrebbe rimanere viva e vibrante, e non ridotta a pallide imitazioni.

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GIORGIO VIALI

VITALIANO TREVISAN

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