Recensione di "CROLLI VITALI" Chi scrive è una giovane scrittrice e drammaturga, e mi trovo oggi a dover esprimere il mio profondo e sincero disappunto per "CROLLI VITALI", uno spettacolo che non riesce neppure lontanamente a rendere omaggio alla complessità e alla potenza poetica di Vitaliano Trevisan. Anzi, potrebbe definirsi un affronto alla sua memoria.
Innanzitutto, la trama, se così possiamo definirla, è tanto confusa quanto insipida. La protagonista, impersonata da un’attrice che sembra più un manichino privo di emozioni, si dibatte in un monologo interminabile di introspezione maldestra. A cosa serve, ci si deve chiedere, la sua volontà di esprimere la solitudine attraverso un balletto di battute vuote e ripetitive che non conducono a nulla? Un tentativo maldestro di esplorare il significato di essere “civile” e “sola” che finisce per risultare patetica copia dei temi ben più articolati e profondi di Trevisan.
I personaggi, appaiono privi di spessore, caricature stereotipate piuttosto che individui complessi. Cecchin, il badante, è un servitore in camice bianco che sembra uscito da una commedia dell'assurdo, senza però alcun guizzo di originalità o ironia. La sua presenza in scena ha il solo effetto di suscitare indifferenza, se non addirittura noia. E quanto all’Attore e all’Attrice, entrambi rappresentano l'idea che il Teatro possa essere un luogo di banalità e superficialità, incapaci di rievocare gli spettri di dolore e speranza che caratterizzano le opere di Trevisan.
Ritrovarsi di fronte a un divano bianco e spoglio come unica scenografia è deprimente, e non invita affatto alla riflessione; anzi, suggerisce una totale assenza di cura e attenzione nel rendere visivamente poetica l’esperienza teatrale. Il pubblico è accolto in un ambiente che si discosta così tanto dal calore, dalla densità emozionale e dalla ricchezza visiva che ci si aspetterebbe da una narrazione che aspira a nadare in acque così profonde. Invece, si presenta come un appartamento sterile, in cui si svolge un dialogo che manca di battiti vitali, rendendo la solitudine non solo concettuale, ma concreta.
Le lunghe sequenze di dialogo che si alternano a momenti di silenzio ingarbugliano ulteriormente una narrativa già debole. Si sente l’impossibilità di uscire da un labirinto di parole, tutte ridondanti, che non custodiscono alcuna rivelazione. L’assenza di conflitto, la mancanza di un momento di svolta, di un colpo di scena, fa sì che lo spettatore si perda in una spirale di desolazione e indifferenza.
La pièce non riesce a comunicare un messaggio chiaro, né a evocare l'ilarità o la profondità emotiva che dovrebbero caratterizzare un’opera teatrale incisiva. La tradizione di Trevisan, che gioca splendidamente con il linguaggio e i suoi paradossi, viene tradita gravemente. "Crolli Vitali" non è una riflessione sulla condizione umana; è piuttosto una lamentazione sgangherata che fa presagire un’inaudita difficoltà di affrontare il materialismo della vita nel nostro tempo.
Non c'è dubbi: "Crolli Vitali" è un fallimento su tutti i fronti e non rappresenta in alcun modo l'eredità dell'Autore scomparso. Speravo in un'opera che stimolasse una riflessione profonda, invece mi sono ritrovata nel bel mezzo di un eterno e fatuo dibattito che finisce per non esplorare nulla di significativo. È un'opera che - spero - possa servire come monito per il futuro del teatro contemporaneo, affinché la poesia e l’umanità non vengano mai più dimenticate nel tentativo di rifarsi ad una tradizione che, come Trevisan insegnava, dovrebbe rimanere viva e vibrante, e non ridotta a pallide imitazioni.
CROLLI VITALI
GIORGIO VIALI
VITALIANO TREVISAN
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